martedì 16 agosto 2016

IL PONTE STREGATO

Esisteva a Roma un ponte gigante alto 30 metri, che ne contava almeno una ventina di spessore. 
Un bel giorno il Barberini incontrò una strega che gli disse : questo ponte è grande e tanto è grande e tanto è fatato, e chi lo cercherà non lo troverà !
Così da allora quella gigantesca e monumentale opera costruita dagli antichi romani come punto importante di snodo degli acquedotti, iniziò a prendere lo strano vizio di scomparire. 
Gli abitanti della vicina Poli che erano soliti passare di la, non poche volte si smarrivano perché non trovavano più il solito percorso.
E siccome l'incantesimo dura ancora oggi, il ponte venne abbandonato e dimenticato. Nel romanticismo gli facevano visita soltanto gli artisti ed i nobili del Grand Tour . Per cui ne abbiamo qualche dipinto che lo ritrae nello stato in cui versava ancora nell'800.



Eccolo qui infatti ritratto in un opera dell'artista Franz Pforr che trall'altro morì di tubercolosi proprio durante il suo soggiorno laziale alla tenera età di 24 anni. Che ritrarre il ponte fatato si fosse forse rivelato fatale ?
Chissà che la tubercolosi non l'abbia contratta dalle acque che vi scorrevano sotto gli archi, così come vediamo nel dipinto.
Ad ogni modo il ponte si presenta ancora abbandonato ed isolato, di non facile raggiungimento. Non è chiaramente indicato sulla via polense e se qualcuno ha pazienza può però ben individuarlo su google maps sul lato destro della stessa ben prima di arrivare a Poli. 
Se poi sognasse anche di raggiungerlo dovrò avvisarlo del fatto che non sempre ci si riesce e non senza fatica. Sfidando infatti alberature e un non agevole pendio ci si ritrova nella valle dove è ubicato.



E chissà che lo spirito della strega che lo abita non si diverta a farlo scomparire proprio quando siete andati lì a cercarlo.




   

giovedì 4 agosto 2016

CONSONNO OVVERO LE CONTRADDIZIONI DEL CAPITALISMO

Se esiste una città che dimostra quanto sia contraddittorio ed altalenante il sistema economico capitalista nel quale tutti noi viviamo, questa è, o meglio era, la città di Consonno.



Il conte Mario Bagno, imprenditore milanese molto facoltoso, per realizzare questa città dei balocchi figlia del boom economico degli anni 60, distrusse la Consonno originaria. Dell'antico borgo fatto di cascine insomma non rimase nulla, nemmeno una casa e nemmeno un prato. Al suo posto nasceva la nuova Consonno che aveva sacrificato vaste aree di campagna incontaminata per far sorgere i quartieri del divertimento fatto di strade asfaltate, di illuminazione pubblica, e di cemento.
In realtà nel sogno di Bagno non c'era l'intenzione di cancellare la realtà agricola del luogo, ci pensò invece la crisi che colpì il settore agrario la quale spinse gli agricoltori a vedere come un'opportunità economica il progetto del conte.
Ma se l'agricoltura entra in crisi, anche il sistema economico moderno non è da meno, infatti era destinato anche lui ad entrare in crisi, una crisi irreversibile che avrebbe trasformato presto la Las Vegas italiana in una città fantasma.



Le ruspe furono ingrate anche verso gli animali delle stalle che furono demolite intanto che le povere bestie stavano ancora dentro. Insomma la demolizione fu alla Attila flagello di Dio.
Per questo Dio si sarebbe ripreso la città dello scempio naturalista mandandola all'aria.



La scritta che annunciava la nuova Consonno come il paese più bello del mondo oggi rimane come un cimelio arrugginito, quasi come un monito fatto agli uomini affinchè non ripetessero simili assurdità. Quante volte invece sentiamo di progetti simili che vorrebbero modificare radicalmente certi paesi italiani ?



In questa foto il paese sembra quasi Hiroshima dopo la bomba atomica.

A subire il progetto non furono solo gli animali ma anche molti contadini che non integrandosi nel nuovo contesto furono obbligati a vivere in delle baracche.
Insomma il grande sogno della moderna città dei balocchi non era per l'uomo, ma contro l'uomo. Era solo per i soldi, ancora una volta per il denaro messo al primo posto, mentre l'uomo e la natura ai suoi margini.
Come un rullo compressore il sogno capitalista trita tutto dentro il suo tritacarne e, qui vien sottolineato non per fare il socialista o l'anticapitalista, ma per denotare un dato di fatto semplicemente analizzando un comportamento umano sbagliato nei riguardi della natura e dell'uomo.
Perchè ad esempio l'uomo del rinascimento non era capace di simili scempi. Realizzando il parco dei mostri di Bomarzo infatti, i mostri erano solo quelli di pietra e non davano alcun fastidio alla natura.
Insomma sapevano divertirsi senza distruggere, anzi integrando il divertimento con il bosco. Il divertimento vero era poi sognato per l'uomo e non per far soldi. I nostri avi erano più saggi di noi nel divertirsi in quanto conservavano ancora una salute onirica.
Essi sognavano un uomo al centro e con esso la natura. Era un sogno saggio e sano al contrario di quello eminentemente monetario.

Insomma Consonno è la metafora perfetta dell'inganno capitalista, ovvero quando il capitalismo ci fodera gli occhi servendosi dei suoi balocchi ed al posto delle cose che veramente servono all'uomo propone alternative che cancellano e distruggono quelle cose. In particolare a Consonno fu distrutto un intero assetto geologico naturale facendo esplodere una collina, furono imprigionati gli animali dello zoo e uccisi quelli che si trovavano nelle stalle. 
Al posto della natura doveva esistere soltanto la città dei balocchi e del guadagno. Un luna park capitalista fatto di ristoranti, alberghi e cemento, tanto cemento.
Il minareto era il simbolo del miraggio, dell'intero inganno perpetrato a danno dei suoi abitanti originari. Così il capitalismo aveva inventato un nuovo sterminio dopo quello dei campi di sterminio : lo sterminio dei campi !
La cancellazione identitaria dei luoghi più naturali e più antichi e con essi anche dei suoi abitanti. Perversi anche loro negli animi e convinti al nuovo regime della monetizzazione a tutti i costi, avrebbero dimenticato i loro animali, i loro prati e le loro cascine insieme a quei valori delle società contadine.
Consonno nuova era una vera dichiarazione di guerra a questi valori e che fosse una guerra ideologica lo dimostra anche la foto qui sotto :



Il cannone o missile come veniva chiamato, simbolo dell'era che distrugge in nome della modernità, la più vera natura umana.