lunedì 30 settembre 2013

UGO CERLETTI : STORIA DELL'INVENZIONE DELL'ELETTROSHOCK

Vi avevamo promesso un articolo che narrasse la nascita dell'elettroshock, ma prima di affrontare questo argomento vorrei citare ancora una volta wikipedia informandovi che il bizzarro autore a favore di questa pratica ha aggiunto l'elenco della letteratura internazionale sull'argomento così credendo di nobilitare tale pratica, la quale rimane oggettivamente una tortura che lede i diritti del malato e dell'individuo.

http://it.wikipedia.org/wiki/Discussione:Terapia_elettroconvulsivante 

Ciò non fa altro che dimostrare che esistono i sostenitori dell'elettroshock in ambito psichiatrico e della psicoanalisi. Per fortuna esistono anche i detrattori laureati e professionisti in materia i quali sono ben consapevoli dei veri effetti sulla salute di tale pratica.
Ovviamente non sono purtroppo quelli che hanno il potere di cambiare le cose e come vi narreremo più in là nel testo è piuttosto appurabile che quelli che dirigono il teatrino della psichiatria sono quelli che il potere non solo lo detengono, ma lo usano per reprimere i personaggi scomodi come è avvenuto nel caso di Carlo Sabatini. 
Che la psichiatria serva al potere per reprimere non è una novità. Mussolini la utilizzo per far internare Ida Dalser. 
Lo stesso inventore dell'elettroshock non era che un figlio di un contadino che si era fatto strada grazie al suo spirito interventista e nazionalista nell'ambito della medicina psichiatrica, pur non essendo propriamente il suo ambito.
Eppure Cerletti è divenuto simbolo di un percorso sperimentale psichiatrico avvalorato perfino dalla Treccani. In realtà non ha fatto altro che applicare all'uomo la stessa corrente usata nei mattatoi per stordire i maiali.
La psichiatria che in quell'epoca era già utilizzata per reprimere o azzittire gli anarchici, ancora una volta di più utilizzata dal regime fascista per reprimere ogni dissenso, era la stessa nella quale operavano personaggi "illustri" come il Cerletti.



Per capire meglio cos'è l'elettroshock e la sua dannosità non ci resta che raccontarvi come nasce e in cosa consiste. 
Da chi fu voluto tale trattamento e a che scopo ?

E' necessario parlarvi del suo inventore Ugo Cerletti.

Non diremmo qui dove è nato e da chi è nato,ma ci limiteremo a descrivere il suo percorso esperienziale in campo medico.
Laureatosi in medicina Ugo Cerletti prima di divenire partecipe della grande guerra presso gli alpini era stato più volte in Germania per "perfezionarsi in tema di istologia del sistema nervoso".
 Durante la prima guerra mondiale il Cerletti si arruolò come capo della sanità presso gli alpini, e qui mostrò di operare iniziative inconsuete per un medico :

l'introduzione di mimetiche bianche per i soldati in maniera che si confondessero con la neve, l'invenzione della spoletta a scoppio differito e altre inventivi utili ai fini militari. Cerletti si rivelava un buon tecnico della guerra insomma. 

Nel 1928 fu chiamato dalla facoltà di medicina di Genova per studiare l'epilessia nelle sue varie forme. Fu in questa occasione che per la prima volta nella sua carriera medica il Cerletti provò l'applicazionedella corrente elettrica per provocare attacchi convulsivi nel cane.
Si trattava di un percorso sperimentale su animale per capire meglio l'epilessia anche nell'uomo. Era un percorso abbastanza anomalo anche per quei tempi, perchè la medicina già era a conoscenza delle enormi differenze che intercorrono tra gli animali e l'uomo in tema del sistema nervoso.
Abbandonò queste ricerche per tre anni, ma fu incoraggiato a riprenderle dall'allora governo fascista nel 1935 presso la clinica delle malattie nervose e mentali dell'università di Roma.
A fargli d'assistente era Lucio Bini e, nel frattempo, nonostante l'applicazione della corrente in medicina psichiatrica fosse comunque portata avanti come una via sperimentale, le cosiddette terapie da shock erano già state introdotte in ambito psichiatrico .
Anche il Cerletti convinse l'opinione generale, non dell'utilità, ma almeno della non dannosità del trattamento sapendo che applicata ai cervelli dei maiali dei mattatoi allo scopo di stordirli, questa tecnica non ne causava mai la morte e quindi poteva essere usata senza effetti fatali anche sull'uomo. Era una chiara propaganda finalizzata a far approvare il suo metodo.
L'unico effetto dell'elettroshock, sosteneva questa propaganda, era lo stesso causato nei cani e nei maiali : ovvero una crisi convulsiva generalizzata. come se questo non fosse esso stesso già un effetto pesante se non orribile.
Ovviamente ad un maiale e ad un cane non si può chiedere se dopo tale trattamento siano in grado di riconoscere la moglie, il figlio o il marito.
 Non ci volle molto tempo per passare a convincere l'opinione generale sanitaria anche  dell'efficacia del metodo a fini terapeutici contro l'epilessia e contro alcune psicosi.
Sicuramente lo stordimento calmierava molti schizofrenici dal loro stato agitato, ma questo non perchè ne intervenisse un miglioramento mentale e congnitivo, ma appunto uno stordimento generale.
Qualsiasi schizofrenico molto agitato diviene un agnellino docile dopo una botta in testa di 400 volt.
La facilità, l'efficacia dello stordimento dei malati mentali venne talmente apprezzato in ambito psichiatrico da venir presto adottato in tutto il mondo e anche oltre oceano negli Stati Uniti.
Soltanto sul finire degli anni '70 Franco Basaglia e altri dettrattori del metodo tentaronoo di abolirlo definitivamente, evidentemente senza successi permanenti.
Purtroppo infatti, bisogna dire che il trattamento è tristemente tornato di moda e concretamente non è mai scomparso dal panorama delle cliniche psichiatriche.
Autentici giochi di potere in ambito medico da parte dei sostenitori impediscono di fatto che venga superata questa pratica novecentesca che non ha nulla a che vedere con la scienza più moderna.
Sebbene nell'ambito dei disabili psichici esistono realtà eccellenti nel nostro paese, affianco a queste esistono anche realtà che assomigliano ad un vero olocausto psichiatrico. In queste realtà degradate e degradanti dei diritti del malato e della persona, avvengono gli episodi più drammatici.
Il problema non è quindi soltanto quello di fermare una pratica torturale come quella rappresenteta dall'elettroshock, ma di cancellare per sempre queste realtà di degrado sanitario fondata sull'abuso dei poteri di turno.


Vogliamo qui elencarvi i casi nei quali la psichiatria è stata utilizzata con scopi repressivi :






Per la "cura" dell'omosessualità ( contravvenendo al riconoscimento di non malattia dell'OMS )
storie raccontate nel libro “Dentro il convento: le monache rompono il silenzio

Esattamente come è avvenuto durante i regimi totalitari anche oggi la psichiatria è utilizzata in termini di controllo sociale per cui l'etichettamento del malato serve per reprimere chi devia dal "sistema" e non si comporta come vuole il "sistema".

L'accusa di pazzia è facilmente utilizzabile contro persone deboli che si intendono eliminare od emarginare : "Ted Chabasinsky, ricoverato a New York nel 1944: "Prima che nascessi avevano già stabilito che ero matto". A 6 anni il primo elettrochoc"

NOTA : il testo in corsivo è la storia di Ted è può essere facoltativamente saltata o riletta in altre visite presso il nostro blog, di seguito anche un assurdo caso italiano ed il caso Sabatini :

Questa è la storia dell'altra metà della mia vita.

Psichiatri e assistenti sociali avevano già deciso prima ancora che io nascessi che io sarei diventato un paziente delle istituzioni psichiatriche. La mia madre naturale era stata rinchiusa poco prima che io nascessi e fu rinchiusa nuovamente subito dopo. L'assistente sociale del Foundling Hospital disse ai miei genitori adottivi che mia madre era "diversa" e Miss Callaghan ben presto li indusse a trovare sintomi anche in me.

Ogni mese Miss Callaghan veniva a discutere dei miei problemi coi miei genitori adottivi. Se io volevo semplicemente stare nel giardino sul retro con mia sorella e giocare a fare tortine di fango, questo era un segno che ero troppo passivo e introverso, e mia madre e mio padre avrebbero dovuto incoraggiarmi a esplorare maggiormente gli altri posti nelle vicinanze.

Quando iniziai a vagare per i dintorni andai nel giardino di un vicino di casa e colsi alcuni fiori. Il vicino si lamentò e Miss Callaghan tenne una lunga discussione coi miei genitori sul modo di reprimere i miei impulsi dannosi.

Quando Miss Callaghan ebbe scoperto abbastanza sintomi fui spedito in un istituto psichiatrico per bambini per essere diagnosticato ufficialmente e diventare una cavia per la dottoressa Lauretta Bender. Fui uno dei primi bambini "trattati" con l'elettroshock. Avevo sei anni.

Non volevo subire l'elettroshock, non volevo! Ci vollero tre infermieri per tenermi. All'inizio fu la dottoressa Bender in persona ad azionare l'interruttore, ma più t ardi quando non fui più un caso interessante, il mio torturatore fu diverso ogni volta.

Volevo morire, ma non avevo realmente idea di cosa fosse la morte. Sapevo che era qualcosa di terribile. Forse sarò così stanco dopo il prossimo trattamento che non mi alzerò più, e sarò morto. Ma mi rialzavo sempre. Qualcosa in me al di là dei miei desideri mi faceva ritornare in me stesso. Memorizzavo il mio nome, insegnai a me stesso a dire il mio nome. Teddy, Teddy, io sono Teddy ... io sono qui, io sono qui, in questa stanza, nell'ospedale. E la mia mamma se n'è andata ... Voglio andare giù, voglio andare dove l'elettroshock mi sta mandando, voglio smettere di lottare e morire ... e qualcosa mi ha fatto vivere e andare avanti a vivere. Dovevo ricordarmi di non lasciare che nessuno mi stesse più vicino.

Passai il mio settimo compleanno in questa maniera, e il mio ottavo ed il nono rinchiuso in una stanza al Rockland State Hospital. Avevo imparato che la migliore maniera di resistere era di dormire il più possibile, e dormire era tutto quello che potevo fare in ogni caso. ero in uno stato di costante deperimento ed iniziai ad avere raffreddori che duravano tutto l'anno perché il più sadico infermiere spegneva il riscaldamento e apriva la finestra anche a Dicembre. Il dottor Sobel disse che ciò era un segno della mia debolezza e che non amavo l'aria fresca.

A volte gli infermieri lasciavano la porta della mia stanza aperta mentre il resto dei ragazzi andavano nella stanza da pranzo ed io andavo in giro a cercare qualcosa da leggere, qualcosa da guardare, con cui giocare, qualsiasi cosa che avessi potuto usare per distrarmi. Conservavo parte del mio cibo e pensavo per ore a quando l'avrei mangiato. A volte i gatti correvano attraverso la stanza, lungo i muri, e li guardavo con attenzione stando attento a non spaventarli. Avrei voluto essere abbastanza piccolo da correre sotto la porta come potevano fare loro.

A volte non c'era niente nella stanza, proprio niente, ed io mi stendevo sul materasso e piangevo. Cercavo di addormentarmi ma non potevo dormire 24 ore al giorno, e non potevo sopportare i sogni. Mi raggomitolavo come una palla, afferrando i ginocchi e rotolando avanti e indietro sul materasso cercando di confortarmi. E ho pianto e pianto sperando che qualcuno venisse. Sarò buono dicevo. E l'infermiere mi guardava fisso inaspettatamente attraverso la piccola finestra irrobustita con dei fili all'interno in modo che io non potessi rompere il vetro ed uccidermi.

E così ho passato la mia infanzia svegliandomi da un incubo all'altro in stanze chiuse a chiave con ritagli di giornali e pagine di fumetti strappate e croste di pane e i miei anici i gatti, con nessuno che mi dicesse chi fossi. E quando compii 17 anni e i medici pensarono di avermi distrutto mi liberarono.


UN ASSURDO CASO ITALIANO :



Autunno 1992, un ragazzo ventenne vuole provare l’ebbrezza del decotto di stramonio (erba allucinogena e fortemente tossica) e il giorno dopo avere assunto quella bevanda si sveglia in preda alle allucinazioni: vede infatti insetti tutto intorno a sé, li vede salire sul suo corpo, comincia a gridare e fare gesti come per scacciarli.

Viene così portato al pronto soccorso dell’ospedale Piemonte dove si pensa che i medici possano fare qualcosa per disintossicarlo, magari una lavanda gastrica se è il caso. Ma questi sono veramente pii pensieri, pura utopia, poiché i “medici” del pronto soccorso non trovano di meglio da fare che spedire il malcapitato giovane al reparto di psichiatria.

Per fortuna le persone che hanno accompagnato il giovane D., e che sul momento erano state prese alla sprovvista, si danno poi da fare per rintracciare altri loro amici per cercare di porre rimedio a quell’assurdità, e nel giro di un’ora una decina di persone fa “irruzione” nel reparto sconvolgendo i “poveri” dottori; questa volta i “nostri” fanno valere con decisione e determinazione i diritti di D. (che ovviamente non aveva nessuna intenzione di restare in quel posto) e riescono a tirarlo fuori da quel carcere.

Dopo la “liberazione” si verrà a sapere dallo stesso D. che in quel breve lasso di tempo i dottori erano riusciti a convincerlo a mettere la firma per essere ricoverato “volontario” (e ci vuole molto a convincere una persona sotto gli effetti di una sostanza allucinogena), gli avevano propinato un paio di psicofarmaci che lo avevano rintontito ulteriormente, e ne avevano parlato fra di loro come di “un caso interessante, mai studiato prima”.

Pare quindi che volessero tenerlo con sé non tanto per “curarlo”, quanto piuttosto per “studiare” il suo caso; ad ogni modo non si capisce cosa potesse fare per D. quella psichiatria che pretende di curare le “malattie mentali” dato che ci si trovava di fronte ad un fatto puramente fisiologico, cioè l’assunzione di una sostanza psicotropa che aveva momentaneamente alterato il funzionamento del suo sistema nervoso.

Vogliamo chiudere questo opuscolo con questa storia che per quanto inquietante almeno è a “lieto fine”, e dà l’idea di come ci si possa opporre all’invadenza della psichiatria quando si ha una chiara coscienza della sua pericolosità.
 

  Non è una novità che la psichiatria si serva dei suoi strumenti per eliminare i cittadini che dissentono: tutti lo sappiamo bene perché si parla molto in Italia, e in tutto l'Occidente, della psichiatria come repressione in Unione Sovietica e in altri Paesi a socialismo reale, giustamente criticando quello che vi accade.

Ma la verità è che queste cose accadono anche da noi. Anzi storicamente è proprio in Italia che è nata la psichiatria come strumento repressivo del dissenso. Si deve a Lombroso l'elaborazione di queste teorie, che in Unione Sovietica vengono usate magari con qualche perfezionamento.

Chi conosce la storia del movimento anarchico italiano sa che in Italia molti dissidenti sono stati eliminati grazie alle teorie sociologiche e psichiatriche lombrosiane.


Il caso Sabatini ne è un esempio :

 Nell'estate del 1985, quando Carlo Sabattini era internato nel manicomio giudiziario di Castiglione dello Stiviere, in seguito a denuncia pretestuosa del sindaco di Modena e per ordine del pretore Persico, appoggiato dalla perizia di tre psichiatri, che avevano dichiarato Sabattini malato di mente pericoloso, in qualità di perito della difesa andai più volte a trovarlo, con lo scopo di conoscerlo e preparare con lui gli strumenti della difesa.
n quel periodo la stampa nazionale italiana parlava molto del caso Sacharov e poco o nulla di Sabattini, capolista dei Verdi nel Comune di Modena, una persona che godeva la fiducia dei cittadini, oltre che degli amici e collaboratori, tanto che era stato eletto con il maggior numero di preferenze.
Le sue iniziative per denunciare le condizioni ecologiche e altri aspetti della vita modenese, erano molto ponderate e precise, frutto di convinzioni profonde. Sabattini era diventato un punto di riferimento non solo per i Verdi ma per chi voleva cambiare le cose. Così l'hanno fatto passare per matto, sono andati a prenderlo a casa e l'hanno internato in un manicomio. Se per ipotesi Sabattini fosse stato uno che diceva sciocchezze, forse non sarebbe stato internato, perché non ci voleva molto a smentirlo. Ma proprio perché era difficile smentirlo, l'unico modo era internarlo in manicomio e farlo dichiarare pazzo dagli psichiatri che svolgono appunto questo compito al servizio del potere.
 Dicono che Sabattini avrebbe, per usare le loro parole, un "delirio rivendicazionista". Questo significherebbe che una persona che come il Sabattini fa delle precise, documentate rivendicazioni, non è un cittadino che difende i suoi diritti, come penso io e come pensano i suoi elettori, ma è uno che ha il difetto di protestare: così si vede che per i periti psichiatri del giudice il protestare contro le autorità è un difetto, che finisce per diventare una malattia.
Dicono ancora i periti del giudice che Sabattini soffrirebbe di "altruismo morboso": sfiderei chiunque a spiegare il contenuto di questo concetto. Anche la capacità di Sabattini a formarsi una cultura giuridica da autodidatta sarebbe secondo loro un sintomo di malattia. Infine lo accusano di proselitismo: vale a dire di farsi dei proseliti, come fa ogni politico e ogni cittadino che si occupa dei diritti collettivi.

Come si vede, ogni caratteristica positiva viene trasformata in un carattere negativo. Ma non basta: i caratteri negativi così arbitrariamente ottenuti vengono raccolti in un concetto immaginario di malattia.

In ogni modo anche se Sabattini si sbagliasse nelle sue critiche e nelle sue denunzie, sarebbe un cittadino che fa degli errori nel difendere i diritti della collettività, non certo uno da definire matto e da mettere in manicomio giudiziario. (...) Sabattini è stato liberato dopo circa tre mesi d'internamento, con una modifica, da parte del tribunale, della formula con cui era stato internato. Ma ha dovuto aspettare più a lungo per essere liberato dal marchio che gli hanno applicato gli psichiatri.

Tratto da "Il pregiudizio psichiatrico" di Giorgio Antonucci, ed. Eléuthera

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